Le pariglie sarde, abilità equestre tra spettacolo e tradizione

Tecnicamente si tratta dell’esibizione di figure acrobatiche compiute da due o tre cavalieri su altrettanti cavalli che corrono appaiati a forte andatura. Nate in epoca medioevale probabilmente da pratiche militari, le pariglie rappresentano ancora oggi, in Sardegna, forme di intrattenimento per la comunità, capaci di rappresentare il momento di maggiore interesse durante appuntamenti e festeggiamenti civili o religiosi, dove il cavallo continua ad esercitare una grande attrazione nei confronti di un pubblico sempre più appassionato.

Tra il sardo e il cavallo c’è sempre stato un rapporto “privilegiato”. Per secoli mezzo di locomozione e di trasporto indispensabile per mantenere i rapporti sociali in un territorio scarsamente accessibile, al nobile animale erano risparmiate le fatiche del traino visto che l’uso di attaccarlo al carro era molto raro e possederne uno era considerato elemento distintivo nella dimostrazione del prestigio sociale.Tutto ciò ha facilitato probabilmente il diffondersi di manifestazioni organizzate che permettevano a individui e gruppi di esibirsi e, dimostrando abilità equestri superiori alla media, di raggiungere notorietà e consenso.

William Henry Smith, viaggiatore inglese e membro dell’Ammiragliato di Sua Maestà Britannica, racconta nel suo libro pubblicato a Londra nel 1828, Sketch of The Present State of The Island of Sardinia, che le pariglie erano protagoniste a Cagliari, durante il Carnevale, nella festa a cavallo più importante dell’anno. Si disputavano lungo la ripida e scoscesa via San Michele e Smith descrive cavalieri mascherati che correvano a pariglia, galoppando all’impazzata verso il traguardo senza mai separarsi tanta era la maestria nel governare i cavalli. La via San Michele aveva il selciato così sdrucciolevole e mal ridotto che il viceré ordinò fosse rimesso in sesto, ma i cagliaritani pretesero che venisse lasciato così com’era perché altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di particolare maestria per partecipare alla corsa.

Per la buona riuscita di una pariglia, la prima difficoltà sta nell’addestrare i cavalli a correre affiancati, mantenendo un’andatura costante e un ritmo sincronizzato. È fondamentale stabilire una corrispondenza univoca tra cavaliere e cavallo: un controllo-input da parte del primo delle possibili reazioni del secondo. Reazioni non sempre prevedibili e controllabili perché espressioni di un essere vivente quale è il cavallo. L’obiettivo è contenerle entro un margine di rischio il più ridotto possibile. In questo tipo di corsa, il cavallo rappresenta una variabile da controllare costantemente. I suoi codici di comunicazione e i suoi livelli di percezione sono mediati da particolari metalinguaggi, che si esprimono attraverso gesti elaborati dai cavalieri, ai quali gli animali si abituano in modo istintivo. Così, può succedere che un cavallo, per nervosismo o imperizia del cavaliere, abbia una falsa partenza. Da qui lo sforzo per ricomporre la pariglia, nella piena tensione della corsa, con i cavalieri che si chiamano per cercare di riallineare i cavalli e farli partire insieme.

Le pariglie sono gare di abilità, dove non conta tanto l’aspetto agonistico quanto l’audacia dimostrata dai cavalieri nel condurre i loro destrieri in spericolate performances. Potremmo classificarle in due tipologie: tradizionali e acrobatiche. Al primo gruppo appartengono esibizioni originarie del mondo pastorale e prevedono “numeri” eseguiti da tre pariglianti in costume tradizionale. Una coppia di cavalieri rimane seduta in sella facendo da sostegno al terzo impegnato a fare “l’acrobata”. Bonorva, Fonni, Ovodda, Pattada, Sassari, Sedilo, Silanus sono solo alcuni dei centri dove è possibile assistere ad esibizioni di pariglie, ma l’appuntamento più atteso è quello nel novenario campestre di Sant’Agostino a 8 km da Abbasanta (OR). Durante il pomeriggio dell’ultima domenica di agosto si danno appuntamento le migliori pariglie dell’Isola per misurarsi su una pista sterrata lunga poco più di 250 mt sotto le fronde di imponenti sughere e l’occhio esperto di un’equipe di giudici che osservando l’esecuzione delle figure, la velocità dei cavalli e la cura di costumi e finimenti stileranno la classifica dei vincitori.

Antonio Carboni, classe 1971, parigliante originario di Sedilo (OR) tra l’89 e il 2004 ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti nelle rassegne più importanti dell’Isola facendo l’acrobata.

Come si crea una buona pariglia? 

«I due puntelli devono avere un ottimo assetto e saper tenere i cavalli dritti al galoppo. Sulla loro solidità in sella dipende la sicurezza nell’esecuzione delle acrobazie. Per chi esegue le figure, è fondamentale l’agilità, devi metterti in piedi in pochi istanti, più corta è la pista, meno tempo hai a disposizione».

Come ci si prepara per parigliare?

«Uscivo a cavallo con i miei compagni almeno una volta alla settimana. Per affiatare i cavalli e provare le figure. Non necessariamente al galoppo, gli esercizi si possono eseguire anche al trotto».

Quali sono le figure delle pariglie tradizionali?

«S’arbure (l’albero), tenendosi alle cinture legate al petto dei due cavalieri seduti sulla sella il terzo fa la verticale, con la testa in giù e le gambe dritte; su ponte (il ponte), i due cavalieri distanziano i cavalli lanciati al galoppo e sostengono, senza tenerlo, l’acrobata che si distende lungo le loro spalle; sa fune (la corda), è una figura che ha introdotto la nostra pariglia nel ’92: i due cavalieri seduti sostengono sulle loro spalle il terzo che, in piedi, si tiene in equilibrio con una fune legata al cavallo; su fuste (il bastone), è una variante della precedente con il bastone come sostegno al posto della corda; sa piramide (la piramide), l’acrobata si inginocchia sulle spalle dei compagni, tenendosi ai colletti delle loro camicie. s’isvolta (la volta), variante della figura precedente con l’acrobata che si siede sulle spalle dei compagni guardando indietro».

Tra le pariglie spettacolari spiccano quelle della Sartiglia, la giostra equestre che ha reso celebre il Carnevale di Oristano. Vi si assiste terminata la corsa alla stella quando i cavalieri, che indossano sfarzosi costumi, incitati dal suono di tamburini e trombettieri, si lanciano al galoppo a gruppi di tre su altrettanti cavalli, per cimentarsi nelle spericolate evoluzioni: tre su tre con tutti e tre i cavalieri in piedi sulle selle. Si può rendere più difficile il numero con il centrale girato; il ponte, simile al numero delle pariglie tradizionali ma con i cavalieri in piedi sulle selle che sorreggono il terzo disteso; la piramide con il cavaliere centrale in piedi che si tiene ad una corda sulle spalle dei compagni anche loro in piedi.

A Santu Lussurgiu, centro della provincia di Oristano, sempre a Carnevale vanno in scena sas parezas de sa Carrela ’e nanti, coppie di cavalieri che corrono di gran carriera lungo la via principale del centro storico. Riservate agli abitanti del luogo con rare eccezioni per qualche fortunato ospite non prevedono figure acrobatiche, la competizione avviene sulla capacità di portare i cavalli a correre con un’andatura sincronizzata nella velocità e nel ritmo. Spiccano la lucentezza dei mantelli delle cavalcature e l’assetto impeccabile degli uomini mascherati in sella. Appuntamento che conferma il valore dei cavalieri, sa Carrela è al contempo il rito di iniziazione alla comunità per quelli più giovani. «Si corre in coppia – spiega Nicolò Migheli, sociologo lussurgese – perché in due si riesce meglio nel rappresentare l’accordo tra uomini e cavalli. Nessuna delle due sopravanza l’altra. La corsa è disciplina e la coppia conta più dell’individuo. Si primeggia in quattro e non da soli».

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