S’imbastu, la riscoperta della sella sarda ecosostenibile

Uno dei motivi per cui l’equitazione può essere considerata un’attività ecosostenibile è che i finimenti utilizzati per montare a cavallo sono generalmente realizzati con materiali naturali, come cuoio e legno, biodegradabili e provenienti da materie rinnovabili.
In Sardegna si utilizza ancora una sella costruita a mano con le risorse del territorio. È quella dei pastori, usata un tempo per spostarsi dal paese alla campagna, durante le transumanze o nei tragitti verso le mete di pellegrinaggio, per le Ardie delle feste campestri o nelle processioni in onore del santo patrono.
S’Imbastu, noto anche come seddatzu o seddone, è la sella sarda per antonomasia. Negli ultimi anni ha riscoperto una nuova giovinezza, diventando oggetto di culto per praticanti e non solo, simbolo di un attaccamento alla tradizione equestre locale mai abbandonata. Santu Lussurgiu e Ozieri sono i paesi che mantengono le competenze artigianali più rinomate.

I materiali per costruirla arrivano dal territorio

Il legno. L’arcione, lo scheletro della sella, è la componente fondamentale. Quello de s’imbastu è rigorosamente in legno: di olivastro, leccio, roverella, quercia o perastro. Gli archi (s’arcu ’e nanti e s’arcu ’e segusu) devono essere ricavati da un unico pezzo di legno, così da essere abbastanza resistenti per sopportare il peso del cavaliere. Si utilizzano rami storti e curvati dalla natura che il sellaio cerca e raccoglie in campagna e devono stagionare in magazzino anche per sette anni prima di essere lavorati.
Resiste ancora una simpatica consuetudine per cui amici o compaesani portano all’artigiano del paese quelli trovati facendo provvista di legna per il camino che, per la curvatura e la qualità del legno, si ritengono adatti per essere lavorati.

Un ramo piegato. La fibra di un legno curvato dalla natura è fondamentale per ottenere un arcione solido e resistente

Vengono intagliati dalle abili mani del sellaio che, usando un ascia da bottaio, stabilisce l’angolo di apertura dell’arcione seguendo le raccomandazioni ricevute dall’acquirente, in modo da rispettare la forma del garrese e della groppa del cavallo a cui è destinato.
Sia l’arco anteriore che quello posteriore prevedono una coppia di fori, derivati dal vecchio basto da lavoro, attraverso i quali si fanno passare le corde per assicurare l’eventuale carico: un tempo la bisaccia per trasportare il formaggio, le brocche del latte o le fascine di legna da portare a casa.
I due archi sono tenuti insieme dalle barre laterali, chiamate costanas, per le quali si preferisce il legno di castagno, più flessibile. In prossimità dell’arco anteriore vengono praticate due scanalature di alcuni centimetri di larghezza per far passare gli staffili.

La pelle. Per rivestire il seggio si utilizza la pelle: quella conciata, morbida, serve per coprire l’imbottitura fatta da uno strato spesso di feltro o di schiuma. Questa soluzione rende la sella più confortevole grazie alla maggiore morbidezza della seduta. Tuttavia i puristi preferiscono la pelle cruda di bovino. A Santu Lussurgiu, per esempio, si utilizza quella del bue rosso di razza modicano-sarda, una biodiversità ambientale del Montiferru. La pelle viene fissata al legno con le sellerine, i chiodi fini da sellaio.
Per ottenere una maggiore comodità, molti pastori ancora oggi utilizzano sa pedde, una pelle di pecora grezza sopra s’imbastu, che, grazie allo strato soffice della lana, consente una seduta molto comoda.
Secondo la tradizione, non viene fissata alla sella, ma solo appoggiata: sta nell’abilità del cavaliere riuscire a non farla cadere quando il cavallo parte al galoppo.
In cuoio sono anche le due cinghie sottili allacciate all’arco anteriore, che servono come legacci per fissare oggetti o indumenti, mentre dalle estremità dello stesso partono due grosse tirelle alle quali si attacca su pettorale, il finimento che evita che la sella si sposti indietro sul cavallo.
Nell’arco posteriore, a due occhielli di metallo, sono agganciati sos trintzilleris, sottili cinghie di cuoio utili per fissare alla sella le bisacce.
Tutti i finimenti a corredo de s’imbastu sono in cuoio: il pettorale che impedisce alla sella di scivolare indietro, gli staffili, il sottocoda (sa latranga), e una spessa cinghia di cuoio (sa cringa) che consente di assicurare la sella al cavallo.

La tela e la paglia. Le parti terminali dei due archi dell’arcione si infilano in sa bardella, il cuscino sagomato con il quale la sella poggia sulla schiena del cavallo. La bardella è realizzata in tela spessa di cotone con rivestimenti in cuoio.
Per l’imbottitura si utilizza la paglia, preferibilmente d’orzo, un materiale leggero, soffice e traspirante e soprattutto che si asciuga in fretta dal sudore del cavallo. Viene pressata e sagomata all’interno della bardella in modo da garantire un’aderenza uniforme. Talvolta al posto della paglia si sceglie un imbottitura in crini di cavallo.
S’imbastu si realizza sempre più spesso su commissione, per soddisfare le esigenze del cavallo o del cavaliere. Oltre all’apertura dell’arcione, si decidono la lunghezza del seggio, l’altezza della paletta ma anche il colore del cuoio, lo spessore e il materiale dell’imbottitura e le eventuali decorazioni.
Una caratteristica singolare di questa sella è l’assenza dei quartieri: ciò consente di “sentire” il cavallo poiché le gambe poggiano direttamente sul suo costato; cosa non da poco, dato che nella monta sarda, che è una monta da lavoro, l’animale si conduce prevalentemente con le gambe ed esercitando lo spostamento del baricentro del cavaliere.

S’imbastu non si butta, si ripara

La realizzazione a mano con materiali naturali di prima qualità rende s’imbastu una sella estremamente robusta, capace di resistere all’uso prolungato nel lavoro in campagna, anche esposta agli agenti atmosferici per anni.
Qualsiasi parte che si logora può essere sostituita dall’abile lavoro dell’artigiano: una cinghia rotta, la pelle del seggio consumata, la tela della bardella logorata. Gianfranco Spanu, titolare dell’omonima selleria a Santu Lussurgiu che da oltre un secolo realizza imbastos e ogni altro tipo di finimento, sostiene: “È capitato raramente di essere stati costretti a buttar via una sella danneggiata. Anche quando ci portano un imbastu con l’arcione spaccato, perché magari il puledro si è rovesciato durante la doma, di solito riusciamo a ripararlo sostituendo la parte compromessa. Qui in bottega abbiamo sempre selle da aggiustare.

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